Tecniche di prioritizzazione: 5 spunti per iniziare

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Recentemente ho visto girare in rete un articolo molto interessante che presentava le tecniche di prioritizzazione attraverso la metafora della tavola periodica degli elementi (a cura di Folding Burritos).

Le 20 tecniche proposte venivano classificate in base a due criteri principali:
– quantitativo vs. qualitativo
– interno vs. esterno

Alcune di queste – come il Kano model, il MoSCoW, lo story mapping e l’opportunity scoring – le conoscevo bene, altre di nome ma non di fatto (ad esempio le tecniche di analisi finanziaria che non ho mai avuto modo di sperimentare in prima persona), altre ancora erano una novità assoluta.

Nell’articolo trovate un link per scaricare – previa registrazione – un ebook in cui le 20 metodologie sono analizzate in dettaglio (ne vale la pena!).
Da questa lettura ho ricavato qualche consiglio su come approcciarsi alle varie tecniche di prioritizzazione, che riporto qui sotto.

1. Non esiste uno strumento infallibile per definire le priorità

Prima di iniziare una doverosa premessa: tutti i metodi sono validi ma nessuno è un oracolo. Pensiamo ad esempio ai metodi quantitativi e qualitativi.

Le persone tendono ad associare i metodi quantitativi ai numeri, quindi alla precisione e alla confidenza nella stima, ma non esistono strumenti infallibili!
E’ vero che le tecniche quantitative si basano su metriche, classificazioni, voti o ranking, ma si fondano pur sempre su assunzioni ed ipotesi che devono essere validate nella realtà.

Allo stesso modo le metodologie qualitative non sono da ritenersi “inaffidabili” in quanto non oggettive. Sono per loro natura più esplorative che confermatorie e possono offrire molto velocemente insight importanti.

2. Qual è il criterio migliore in assoluto? Dipende dal contesto…

Abbiamo capito che non esiste la bacchetta magica quando si parla di tecniche di prioritizzazione, ma la buona notizia è che abbiamo tante frecce al nostro arco.
Le metodologie sono diverse ed è opportuno verificare l’ambito al quale devono essere applicate e le condizioni di contorno.

Come sceglierle? Applichiamo il buonsenso e cerchiamo di capire quale strumento può essere più utile – o più accessibile – in relazione al nostro prodotto, al suo ciclo di vita, al team di lavoro e all’azienda.

Torniamo alla distinzione precedente: le metodologie qualitative possono essere più utili nel momento in cui il prodotto è ancora ad una fase iniziale, quando l’esigenza più importante è raccogliere feedback dal mercato e costruire un modello dei propri utenti. In questo caso sceglieremo tecniche che ci consentano di raccogliere un ampio ventaglio di informazioni e di esplorare i bisogni più in profondità.

Le metodologie quantitative sono più adatte ad un prodotto in una fase più matura quando è richiesto un minimo di base dati da cui partire. Consentono di verificare le ipotesi di partenza e garantiscono maggiore oggettività delle analisi.
Le tecniche orientate verso l’esterno esplorano meglio obiettivi e funzionalità di alto livello; quelle interne funzionano meglio per problemi concreti.

3. Parti ad alto livello e non perderti nei dettagli

Tutte le tecniche proposte funzionano bene quando si tratta di dare priorità ad epiche, temi ed obiettivi dell’utente; a più basso livello tendono a perdere di efficacia e di significato.

L’obiettivo è di arrivare a definire cosa ha valore per l’utente e cosa non ne ha, non decidere se un criterio di ordinamento per rilevanza è più o meno importante di quello per prezzo.
Il mio consiglio è di partire a prioritizzare le macro-funzionalità tenendo ben presente la visione strategica di prodotto e confrontandosi – se possibile – con gli utenti.
Alcune delle tecniche proposte – ad esempio lo story mapping, il MoSCoW, il Kano model o Buy a feature – si prestano perfettamente a questo scopo.

Una volta definite le priorità ad alto livello si può pensare di approfondire i dettagli principali di un tema attraverso altri strumenti quali Opportunity scoring, Score card, Theme screening e Valore vs. Costo/Rischio.
Esplorate le possibili declinazioni di un tema, ma tenetevi a distanza dalle minuzie.

4. Prioritizzare è un lavoro di gruppo

Il confronto è particolarmente importante in quest’ambito. Senza di esso potremmo avere un punto di vista totalmente falsato.
E’ opportuno che la prioritizzazione non sia lo sforzo di una singola persona.

Ci sono alcuni metodi estremamente semplici che potreste portare avanti da soli, ma è sempre meglio fare questo lavoro con persone che abbiano punti di vista differenti sul prodotto, siano essi clienti, utenti, stakeholders o membri del team di sviluppo.
Fate lo sforzo di mettere in discussione le vostre convinzioni e ascoltate cosa emerge dal confronto. Oltre ad avere una visione più chiara di quali siano le reali priorità questa opportunità potrebbe farvi scoprire prospettive nuove ed interessanti che non avete considerato.

5. Mix and match!

Gli strumenti sono tanti, ognuno di essi ha vantaggi e svantaggi quindi non limitatevi ad un’unica tecnica di prioritizzazione.
Sperimentatene diverse, provate a combinarle tra loro, mettetele a confronto sul medesimo set di funzionalità. Col tempo scoprirete quali vi sono più congeniali e quali sono più efficaci in un determinato contesto.

E dopo? Per ogni priorità definite degli obiettivi misurabili

Una volta che siete riusciti a definire ad alto e medio livello quali sono le priorità che porteranno maggior valore ai vostri utenti, non dimenticate di mettere alla prova questi risultati mano a mano che lo sviluppo rilascerà le funzionalità secondo l’ordine concordato.

Stiamo perseguendo lo scopo di creare valore, quindi dovremmo essere in grado di definire un cambiamento misurabile nel comportamento dei nostri utenti.
Verifichiamo l’effetto delle nostre scelte analizzandone l’impatto, il ROI, i comportamenti di utilizzo e qualsiasi kpi di business faccia al caso vostro (sul tema impatto e come misurarlo abbiamo discusso a lungo in questi post).

La finalità non è la prioritizzazione in sé, ma arrivare ad essere sempre consapevoli se ciò che facciamo sta effettivamente portando valore agli utilizzatori finali. Se scoprissimo che non è così avremo indicazioni su ciò che va ripensato.