Lift-off di progetto: uno strumento potente per creare comprensione comune

Che cos’è e a cosa serve il lift-off di progetto

Il lift-off è una pratica che ha 3 obiettivi principali:

  • dare forma al progetto e definirne chiaramente lo scopo (purpose)
  • creare allineamento tra le persone interessate dal progetto (alignment)
  • chiarire il contesto più ampio in cui il progetto si inserisce ed eventuali vincoli (context)

Generalmente il lift-off è un workshop che viene effettuato all’inizio di un progetto o anche in fase di avanzamento qualora uno dei tre elementi indicati sopra (obiettivi, allineamento e contesto) venga a mancare in corso d’opera.
Ad esempio potreste accorgervi di alcune perplessità durante i grooming del team…

Perché lift-off?

Il termine inglese lift-off indica il decollo.
Di fatto rappresenta una metafora dell’avvio di progetto.
E’ il momento in cui tanti aspetti devono essere coordinati a livello di sistema per garantire la riuscita dell’operazione.
Si sale tutti in aereo diretti nella medesima direzione.
Rispetto al più noto “kick-off” di progetto, il termine lift-off sottolinea il concetto che l’inizio del progetto è una fase collegiale, non individuale e che è fondamentale creare sintonia tra tutti i partecipanti.

Quanto dura?

Non esiste una regola fissa.
Il lift-off dura quanto serve e dipende dall’entità del progetto, dal grado di conoscenza del team e dai rischi.
Diciamo che la durata minima corrisponde a mezza giornata (è il tempo necessario per attraversare tutti gli step del workshop) ma in alcuni casi il meeting può essere esteso anche a una settimana.

Chi partecipa al lift-off di progetto

Ovviamente la composizione dei partecipanti può variare a seconda del tipo di progetto e quando viene fatto, ma in generale è utile mettere insieme tutti coloro che sono essenziali per il suo successo.
E’ particolarmente utile avere una composizione d’aula variegata: il business owner, il team, product managers, business analyst, in generale la comunità di progetto e – se possibile – i clienti stessi.
Avere nel lift-off solo le persone appartenenti al proprio team non vi consentirà di sfruttare a pieno la potenza di questo strumento.

Cosa preparare prima del meeting

Una serie di materiali fungeranno da supporto e da information radiator nel corso dell’incontro. Per questo motivo è opportuno che siano preparati prima dell’inizio. Possono essere lavagne o fogli di grandi dimensioni in cui andremo a raccogliere i post-it prodotti dai partecipanti.

Questi “contenitori” che vengono predisposti dal facilitatore verranno svelati mano a mano che il lift-off procede e riguardano i 3 aspetti principali sui quali verte l’incontro:
– il perché del progetto
– il cosa del progetto
– il contesto in cui il progetto si inserisce

Ovviamente devono poi essere disponibili tutti gli strumenti necessari per il lavoro: penne, post-it e generi di conforto vari per le pause.
La scelta della logistica è un aspetto importante di questo processo.

Come iniziare

E’ opportuno che l’incontro sia condotto da un facilitatore, possibilmente esterno al progetto.
All’inizio il facilitatore illustrerà ai partecipanti che cos’è la pratica del lift-off e quali benefici offre.
Ribadirà inoltre alcune regole (ad. esempio evitare l’uso di cellulari e laptop, scrivere sui post-it dubbie e domande, ecc.).
Non c’è un modo che va bene o no. E’ però importante che i partecipanti capiscano che il valore di questo meeting sta nel mettere a fattor comune i diversi punti di vista e farli dialogare; i post-it non sono altro che “gettoni di discussione”.

Come si svolge l’incontro

Non esistono delle regole fisse in questo senso e possono essere vari gli strumenti utilizzati nel lift-off.
Io vi racconto un format articolato in 4 fasi, che mi sembra particolarmente efficace.

1. Individuare lo SCOPO

Ai partecipanti viene posta una prima domanda:
qual è lo scopo del progetto?

In questa fase si lavora sul “perché” e sulla vision del progetto.
Ognuno  ha qualche minuto a disposizione per scrivere le proprie risposte sui post-it.
Una volta terminata questa fase individuale i post-it vengono posizionati dove possono essere visibili a tutti.
Chi attacca il proprio post-it è invitato a spiegarlo agli altri e mano a mano le risposte vengono raggruppate per cluster.

2. Creare un ELEVATOR PITCH

Qui il facilitatore spiega che cos’è un elevator pitch, fornisce qualche esempio e invita ad utilizzare il formato standard, ovvero:

PER – [indicare il cliente]
CHE – [presentare i bisogni/le caratteristiche distintive]
il PROGETTO [nome del progetto in questione]
E’ – [definire la categoria di prodotto/servizio]
CHE – [indicare le caratteristiche distintive della soluzione proposta]

La condivisione dell’elevator pitch ha lo scopo di creare allineamento tra i partecipanti.
In questa fase ci si sta concentrando più specificamente sulla mission del progetto, sul cosa si sta andando a costruire.
Se vengono individuate diverse tipologie di clienti con bisogni differenti è opportuno seguire il format del pitch per ognuno di essi.

Al termine di questa fase il facilitatore può ripercorrere tutto ciò che è stato esplicitato per i vari clienti e prendere l’occasione di sottolineare cosa è stato scoperto di nuovo mettendo a fattor comune i diversi punti di vista.

3. Definire i VICINI DI CASA

Chi sono tutti i possibili stakeholder del progetto in questione?
Qual è il sistema complessivo in cui il progetto si inserisce?
E’ importante anche in questo caso arrivare a condividere la visione d’insieme.
Ai partecipanti viene chiesto di individuare tutte le parti coinvolte direttamente o indirettamente dal progetto al fine di esplicitarne dipendenze esterne, vincoli, confini, necessità in termini di risorse, ecc.

Una volta definiti i “vicini di casa” sarà molto più facile provare a formulare degli use cases.

4. Scoprire cosa non ci fa dormire la notte…

E’ questa la fase in cui – se non dovessero essere già emerse nella terza parte dell’incontro – vengono esplicitate le principali problematiche, i rischi e in generale tutto ciò che può andare storto.
Anche in questo caso ci avvaliamo dei post-it e delle idee individuali condivise poi con il gruppo.
E’ una fase molto importante per rendere esplicite le aspettative degli attori coinvolti che dovranno essere gestite durante il progetto.

Conclusione

Al termine dell’incontro è sempre buona norma chiedere un feedback ai partecipanti sull’utilità del meeting (in termini di ritorno per il tempo investito) e su come poterlo migliorare in futuro (chiedete cosa ha senso mantenere, aggiungere o togliere).

Se siete interessati ad approfondire l’argomento questo è il libro che fa per voi: “Liftoff: Launching Agile Teams & Projects” di Diana Larsen

Che faccia ha il successo? Perché è essenziale definirlo

Un momento fondamentale in fase di avvio di progetto è il cosiddetto “business planning“, quando si definisce il problema da risolvere o l’opportunità di mercato da cogliere. Si badi bene: parliamo di definire chiaramente il problema, non di prospettare già la soluzione da adottare (come troppo spesso viene invece fatto in questa fase iniziale).

Tutti coloro che sono interessati in qualche misura dal progetto (cliente, sponsor, team di lavoro, project leader, ecc.) lavorano per il suo successo. Molto spesso tuttavia questa idea di “successo” assume forme svariate nella testa delle persone coinvolte.
Senza condivisione di intenti non c’è dubbio che le incertezze e le conflittualità finiranno per essere all’ordine del giorno.

Ecco perché è fondamentale definire a priori i criteri di successo di un progetto, condividerli con tutti gli interessati e – auspicabilmente – tracciarli per iscritto.
Prima di partire con le attività vere e proprie tutte le persone coinvolte devono avere un’idea chiara di qual è l’obiettivo comune. Che cosa considereremo un successo? Quali caratteristiche ha? Quali risultati dovranno essere raggiunti perché il progetto possa essere definito “di successo”?

La risposta a queste domande non è sempre ovvia ed è opportuno sia il frutto di un’elaborazione comune.
Offrirà le più preziose linee guida alla progettazione e allo sviluppo per tutta la durata del progetto.
Quindi come definiamo i criteri di successo?
Formulando esplicitamente obiettivi che abbiano le seguenti caratteristiche:

  • specificità
  • chiarezza
  • misurabilità
  • un’orizzonte temporale di riferimento

Facciamo qualche esempio:

  • aumentare del 5% in 6 mesi le vendite online mediante revisione del processo d’acquisto
  • ridurre del 10% entro fine anno le chiamate al call center di assistenza

Troppo spesso ho partecipato a progetti in cui, a distanza di mesi dal rilascio, il team di lavoro non aveva minimamente il polso della situazione su “come stessero andando le cose”. E’ così difficile raggiungere questo livello di trasparenza? Io penso di no…
Semplicemente non in tutte le realtà professionali si usa rendere i target evidenti all’azienda intera o – peggio – si tende ad avviare i progetti senza averli formulati compiutamente.

Eppure dichiarare e condividere i criteri di successo offre numerosi vantaggi:

  • crea un obiettivo comune a tutti e lo rende concreto
  • crea un riferimento in base al quale i team di lavoro possono prendere autonomamente delle decisioni in fase di progettazione e sviluppo
  • assicura che i committenti alla fine del progetto giudichino i risultati in relazione agli obiettivi quantitativi condivisi e non sulla base di qualche percezione del momento (alzi la mano chi non ha mai ricevuto obiezioni di questo tipo)
  • offre a tutti – anche alle funzioni non coinvolte – una prospettiva sui benefici che ne potrà trarre l’azienda nel suo complesso

Vi sembra poco? A me no!
Se tutti i progetti sui quali lavoriamo partissero con una “meta” così chiara il “viaggio” sarebbe certamente più piacevole, veloce ed appagante. Peraltro dare un volto al successo e formulare degli obiettivi è buona pratica nel lavoro, così come nella vita. Non sono mai stata una campionessa in questo senso ma “ci sto lavorando” ;-)

Nota: considerazioni liberamente tratte dalla lettura di “Effective UI“, Anderson, McRee, Wilson & the Effective UI Team