Personas: cosa sono e come migliorano il tuo prodotto

personas

“La cosa importante – diceva Einstein – è non smettere mai di fare domande… non perdere mai una sacra curiosità”.
Ammetto che mi è sempre piaciuta l’idea del “question everything”, sarà per la mia natura anticonformista.

E’ con questo spirito che scelgo di approcciarmi a nuovi progetti ed è da qui che riparto tutte le volte che ho a che fare con un nuovo prodotto da gestire.
Un recente cambio di lavoro e di settore di riferimento mi ha dato l’opportunità di tornare sul campo hands-on e di rispolverare passo passo la costruzione delle Personas.
Sia chiaro: io ne parlo qui in riferimento alla progettazione di prodotti digitali ma tenete presente che le Personas sono uno strumento che può essere utilizzato con gran successo anche fuori dalla rete.

Conosci i tuoi clienti?

Sei in grado di rispondere a questa domanda?
Quando realizzo che non so replicare a “chi sono i nostri clienti?” in maniera sensata mi rendo conto che ho dei compiti a casa da fare.

Se mi confronto con un nuovo dominio è il primo interrogativo che ho in testa.
La ragione è semplice: non posso creare un prodotto efficace per utilizzatori di cui so poco nulla.
Capire chi sono, cosa li motiva, quali difficoltà incontrano e in generale come vivono la loro vita mi aiuta a calarmi nei loro panni, a pensare secondo i loro schemi, a immedesimarmi in loro nella soluzione dei problemi. In una parola a empatizzare.

E’ questo il presupposto di qualsiasi strategia customer-centric. Termine inflazionato di questi tempi – lo so – ma a dispetto delle aziende che amano appropriarsene e poi rifuggono dal metterlo in pratica, noi siamo tutti consapevoli che senza l’ascolto dei “customers” non potremo mai definirci customer-centric.

Cosa sono le Personas

Questo termine è entrato ormai da tempo nel lessico di product owners, product managers e marketers.
Cosa sono le Personas? Sono archetipi dei nostri utenti con precise caratteristiche socio-demografiche, psicografiche e comportamentali.
Ad introdurre questo concetto è stato Alan Cooper più di trent’anni fa nel suo libro “The Inmates are running the Asylum”.

“There is a colossal opportunity for companies to break this logjam and organize around customer satisfaction instead of around software, around personas instead of around technology, around profit instead of around programmers.”

Le Personas sono utenti fittizi ma verosimili che riflettono diversi tipi di clienti con tratti caratteristici. Sono uno strumento particolarmente utile per rendere l’offerta – qualsiasi tipo di offerta – più rilevante per la clientela reale.

Personas: profili che nascono dalla sintesi di più clienti

Le personas sono da una parte dei profili immaginari perché nascono dalla sintesi delle voci di più clienti reali e/o potenziali, allo stesso tempo tuttavia costituiscono rappresentazioni molto vivide del pubblico di riferimento perché ne offrono un identikit a 360 gradi.

Questo è ciò che ottenete al termine del processo: delle biografie relativamente dettagliate del vostro pubblico di riferimento, un ritratto basato su dati reali.
Il risultato finale è quindi molto di più di una definizione del target basata su età, genere, provenienza e composizione del nucleo familiare; con le personas delineiamo anche le sfumature psicologiche che stanno dietro a comportamenti, obiettivi, ragioni d’acquisto, paure e più in generale al sistema di valori.

Perché usare le Personas

Nel momento in cui riusciamo a comprendere le motivazioni, le priorità e i bisogni che spingono gli utenti-tipo a rispondere ad una determinata necessità siamo in grado di personalizzare la risposta ed orientare le scelte di marketing, design e sviluppo in maniera coerente.

Le Personas diventano il filo conduttore che sta dietro ad ogni decisione di prodotto (soprattutto su cosa va escluso dal prodotto stesso!) proprio perché non creiamo soluzioni in astratto, ma strumenti utilizzati da persone reali. E queste persone compiono continuamente scelte sulla base della propria personalità e dei propri valori.

Se ci pensate è lo stesso principio della comunicazione efficace: per trasmettere correttamente il mio messaggio devo tenere conto del pubblico che mi ascolta e costruire un discorso che possa risuonare per l’audience.

Nella creazione di nuovi prodotti o nel processo di miglioramento di quelli esistenti mettiamo in pratica il medesimo principio: prima ci prendiamo in tempo di conoscere meglio il nostro pubblico e solo quando ne abbiamo compreso i bisogni e le motivazioni che li spingono o li allontanano dalle soluzione esistenti siamo in grado di portare a termine il nostro obiettivo con efficacia.

Una volta create le Personas non è inusuale vedere interi team interrogarsi sul senso di un prodotto: cosa vuole ottenere esattamente la mia Persona? Quali obiettivi deve raggiungere? Sceglierebbe una soluzione di questo tipo?

Avviene – finalmente! – quel cambio di prospettiva che ci fa mettere da parte il nostro punto di vista e la nostra esperienza personale per adottare la prospettiva di chi ci guarda e utilizza magari per la prima volta. Quell’atteggiamento mentale necessario (ma non sufficiente) per creare il giusto prodotto, produrre una comunicazione coerente e accattivante e prioritizzare correttamente le opportunità di vendita.

Quali elementi caratterizzano le personas

Come abbiamo detto stiamo creando un ritratto dell’utente-tipo, quindi non possono mancare una serie di elementi chiave.
La Persona ha un nome (fittizio), un volto (l’immagine è un’ancora importantissima) e una vita. Descriviamola!
Dobbiamo sapere dove vive, che età ha, se ha famiglia e figli, che studi ha fatto, quale professione svolge, in che contesto.

Non ci interessa solo l’ambito dei doveri. Dobbiamo sapere come passa il suo tempo, quali sono i suoi interessi, i suoi hobby, quali sono i suoi obiettivi e i sogni nel cassetto.
Può sembrare inizialmente un esercizio aleatorio, ma non lo è in realtà.
Queste informazioni ci offrono dati oggettivi e ci consentono di inquadrare la persona nel suo contesto di riferimento. Mano a mano che si procede emergono delle corrispondenze, dei pattern.

Infine vogliamo capire meglio quali sono i suoi valori di riferimento: da cosa è motivato? Cosa lo fa sentire soddisfatto? Cosa di ciò che fa è particolarmente rilevante e per quale motivo? Alla stessa maniera delineaiamo anche i problemi che si trova ad affrontare e le sue frustrazioni.

Qui trovate un esempio di Persona con diverse informazioni di dettaglio. A breve seguirà un post con i migliori template di Personas scovati in rete.

Quante personas creare?

Per me la risposta esatta è “mai strafare” o, se preferite, “poche ma buone”!
Il lavoro sulle Personas se ben fatto richiede tempo e il giusto grado di approfondimento. Ecco perché non ha senso – soprattutto all’inizio di questa avventura – segmentare troppo.
Di norma si consiglia di sviluppare le due/tre Personas principali e di lasciare in secondo piano tutto il resto. Ovvio però che il numero perfetto non esiste e solo voi siete in grado di capire cosa sia meglio per la vostra offerta. Più complesso è il prodotto o il servizio, più il numero delle Personas tende a crescere.

In ogni caso vi suggerisco di partire sempre con un set ristretto ed eventualmente, una volta validate le Personas principali, potete valutare se aumentarle gradualmente andando a coprire anche i profili secondari.
Io personalmente ho sempre evitato… preferisco piuttosto curare un altro aspetto, ovvero assicurarmi che i profili creati siano manutenuti nel tempo.

Sì perché le Personas evolvono nel tempo acquisendo sempre più dettagli, ma possono anche essere influenzate dalle innovazioni tecnologiche o dalla nostra offerta che nel frattempo è cambiata, si è ampliata, ecc.
Questi cambiamenti non avvengono con grande frequenza, ma un’evoluzione nel tempo c’è ed è questo il motivo per cui è necessario tenere le Personas aggiornate e ri-validarle periodicamente.

Quali tipi di Personas esistono

Esistono diversi tipi di personas. Potreste ad esempio avrete sentito parlare di customer persona oppure di user persona e buyer personas.
Il principio di base rimane sempre lo stesso: si tratta di andare ad affinare il profilo di chi entra in contatto con i nostri prodotti o servizi e ha delle necessità specifiche.

Lo User Persona è chi interagisce direttamente con il prodotto, ad esempio l’utilizzatore di un sito web, di una APP o di un prodotto fisico. E’, appunto, colui che lo usa.
In ambito B2C spesso la user persona coincide con la buyer persona, ovvero con chi effettua direttamente l’acquisto. Ma potrebbe anche non essere così. Ad esempio se acquisto un gioco della Playstation per mio figlio, un cellulare nuovo per mio padre o magari un viaggio regalo per qualcuno.
In questo caso chi acquista non è la stessa persona che fruisce del servizio o utilizza il prodotto e in termini di comunicazione questa distinzione è importante.
Le leve per spingere all’acquisto una buyer persona possono essere molto diverse dai vantaggi per cui un utilizzatore vuole un certo prodotto.
Gli obiettivi sono diversi!
Chi compra può essere attento ai costi e ai benefici che l’acquisto può produrre; gli utilizzatori sono magari più interessati alla facilità d’uso, alla praticità o all’immagine che un prodotto trasmette.

In ambito B2B è molto frequente che le due figure non coincidano ed è importante distinguerle nella progettazione del prodotto e del processo d’acquisto perché questi interlocutori entreranno in contatto con touchpoints differenti.
Addirittura gli utilizzatori potrebbero non avere alcuna voce nel processo decisionale. Pensate al caso in cui un’azienda decida di utilizzare un nuovo programma per l’inserimento delle richieste d’acquisto. In questo caso gli utenti non hanno scelto in alcun modo il prodotto. Se lo ritrovano e sono obbligati ad utilizzarlo senza poter dire la loro.

Come costruire le personas

Nel prossimo post vedremo come raccogliere e sistematizzare le informazioni utilizzando diversi strumenti.
Possiamo avvalerci del parere degli esperti, di interviste, sondaggi e – per i prodotti digitali – anche delle tante tecnologie a disposizione.
L’utilizzo congiunto di questi tool vi consente di validare le ipotesi che farete sulle vostre Personas con la massima efficacia.

Impact Mapping in pratica

La teoria la conosciamo: Impact Mapping è un potente strumento di pianificazione strategica. Ma cosa significa utilizzarlo nel concreto? Come muovere i primi passi?

Qui ho inserito le slides della mia presentazione all’Italian Agile Days 2019 su come organizzare una sessione di Impact Mapping e come cercare di renderlo uno strumento vivo nella conduzione di progetto.

In lastminute.com sto utilizzando questo strumento per la gestione di un progetto di crescita e ho preso l’occasione per condividere con voi alcune lessons learned. 

Oltre alle slide sto preparando 2 post di approfondimento per trarre il massimo da questo tool. Nel primo si entra nei dettagli di come organizzare una sessione di Impact Mapping mentre nel secondo si parla di utilizzi pratici di questo strumento.

E voi? Avete già avuto l’occasione di metterlo in pratica? Come vi siete trovati? Sarei felice di condividere esperienze a riguardo.

Impact Mapping per la pianificazione strategica

Template di esempio di Impact Map

Di ritorno da un workshop di un giorno con Gojko Adzic ho deciso di raccogliere le idee e gli appunti sull’Impact Mapping, una tecnica di pianificazione strategica che mi sembra allo stesso tempo semplice e molto potente.

Che cos’è una Impact Map?

E’ una mappa mentale che rappresenta il percorso da uno specifico obiettivo di business alle azioni che consentono di raggiungerlo.
E’ una rappresentazione creata in maniera collaborativa dal business e dalla tecnologia ed ha il vantaggio di mostrare anche le assunzioni sottostanti.
Risponde a queste 4 domande fondamentali:

  • perché?
  • chi?
  • come?
  • cosa?

Perché stiamo facendo questo progetto?

Questa parte spiega qual è l’obiettivo che vogliamo raggiungere, aiuta a renderlo esplicito e patrimonio di conoscenza condivisa.
Spesso infatti gli obiettivi di business non sono esplicitamente dichiarati; a volte sono presenti solo nella mente degli stakeholder, a volte hanno una definizione troppo vaga.

Nell’immagine d’esempio l’obiettivo è uno: far crescere l’advertising mobile.

Priorità agli obiettivi, non alle funzionalità!

Se un progetto consente di raggiungere gli obiettivi di business è un successo anche se l’ambito è variato rispetto alla visione iniziale; viceversa se tutte le funzionalità individuate all’inizio vengono portate in produzione senza che l’obiettivo sia raggiunto il progetto è un fallimento.

Non dimentichiamo inoltre un consiglio sempre valido: formulare gli obiettivi in maniera smart (specifici, misurabili, orientati all’azione, realistici e collocati nel tempo).

Chi sono gli attori?

Chi sono i nostri utenti e come sono influenzati dal nostro prodotto?
Di chi vogliamo cambiare il comportamento?
L’Impact Map ci aiuta a focalizzare tutti coloro che influenzano le decisioni di prodotto, gli utenti e le varie tipologie di clienti.
Tiene conto degli attori primari (quelli per cui il prodotto soddisfa un bisogno), gli attori secondari (coloro che forniscono un servizio) e gli attori “fuori scena” che hanno un interesse ma non ricadono nelle due precedenti casistiche (i più rischiosi in termini di pianificazione perché prima o poi si risvegliano).

Nell’esempio riportato sono stati individuati 3 segmenti potenzialmente interessanti: i fan dotati di device mobili, gli organizzatori di concerti e infine agenti e promoter.

Come vogliamo modificare il comportamento degli attori?

Questo passo è il collegamento più importante tra l’obiettivo e il prodotto finale perché mette in relazione l’attore con l’obiettivo.
Definisce come vogliamo cambiare il comportamento degli attori.
Cosa vogliamo che inizino a fare, smettano di fare o facciano in maniera differente?
Gli impatti non sono funzionalità, sono appunto comportamenti.
Dobbiamo individuare quelli che sono più rilevanti per centrare l’obiettivo e – cosa importante – misurarli.

Meglio sottolinearlo: stiamo parlando di cambiamenti nel comportamento delle persone, non a livello dei sistemi!

E’ in relazione agli attori e agli impatti che andremo a definire le nostre priorità, non sulle feature.

Nell’immagine d’esempio sono stati riportati gli impatti che si vuole indurre nei fan: una maggiore frequenza di utilizzo del sito mobile, sessioni più lunghe ed una maggiore esposizione ai banner mobile.

Cosa?

Solo nell’ultimo passaggio parliamo di ambito e funzionalità, non prima.
Andremo a mappare i deliverable rispetto agli obiettivi di business.
L’Impact Map mette tutti i deliverable in relazione con gli impatti da produrre.
Mappare queste relazioni significa portare alla luce le assunzioni che abbiamo fatto.
Gojko sottolinea che questo è il livello meno importante della mappa. Non è necessario infatti che sia fatto tutto dall’inizio alla fine; i deliverable sono opzioni, mano a mano che verranno rilasciati saranno misurati gli impatti e si potrà decidere se proseguire nell’implementazione o dedicarsi ad altri obiettivi.

Ambito di applicazione

Le Impact Map possono essere applicate allo sviluppo di nuovi prodotti, all’evoluzione di prodotti esistenti e alla gestione della roadmap, purché ci sia accordo sul fatto che lo scopo finale è raggiungere l’obiettivo di business, non un set prestabilito di funzionalità.
Se un deliverable non produce cambiamenti pur funzionando correttamente è da considerarsi un fallimento.
L’Impact Map non si presta invece ad essere applicata in progetti di pura maintenance.

Quali vantaggi offre

La progettazione iterativa è spesso carente in termini di big picture.
L’Impact Map colma questa mancanza offrendo un contesto alla progettazione.

Ha il vantaggio di farci mantenere un focus forte e ci aiuta a prioritizzare, facilita la collaborazione e l’interazione oltre a rendere visibili le assunzioni.

E voi l’avete mai utilizzata? In quale contesto?

Se siete alla ricerca di informazioni pratiche la mia presentazione allo IAD 2019 e questo post su come organizzare una sessione di Impact Mapping potrebbero esservi d’aiuto.
Per gli amanti dei podcast parlo di Impact Mapping anche in questa intervista per AgileForItaly.