Backlog declutter 1: da dove partire per riordinare

Come i Product Owner possono mettere ordine nei requisiti mediante l’utilizzo del metodo KonMari 

Backlog e declutter, un binomio curioso.
Questo post è la trascrizione di un mio intervento allo IAD 2016. Datato sì, ma sempre attuale; soprattutto di questi tempi in cui abbiamo tanto tempo per fare ordine …
Il topic è nato combinando 2 interessi diversi: uno per la product ownership e l’altro per la lettura. 
Sono una lettrice compulsiva e qualche anno fa mi sono imbattuta in un libro curioso – “Il magico potere del riordino” di Marie Kondo – mentre ero alla ricerca di strumenti che semplificassero la mia vita e mi facessero sentire più leggera. 
Ma cosa diavolo c’entra un volume che ti insegna a fare ordine in casa con la gestione del product backlog? C’entra c’entra, più di quel che pensate…

Struttura del backlog

Partiamo dal backlog: è quell’artefatto che raccoglie tutti i requisiti di prodotto ordinati secondo priorità.
Diamo ora un’occhiata alla sua struttura.

Come vedete nell’immagine la granularità delle user stories è più elevata in alto (sono quelle prossime alla lavorazione) e minore mano a mano che si procede verso il basso e quindi si va più avanti nel tempo.
Altra caratteristica di questa rappresentazione è che si tratta di un elenco contenuto.
Non è tutto il possibile e l’immaginabile che riguarda il prodotto, è una selezione di ciò che produce valore per gli utilizzatori (non si tratta di una lista della spesa!). 

Com’è fatto il backlog ideale

Le caratteristiche di un backlog “da manuale” sono queste: 

  • essere dettagliato correttamente (rispettare la granularità decrescente che abbiamo visto prima)
  • avere user stories stimate al proprio interno
  • essere aperto ad accogliere nuove idee e stimoli (mantenere la caratteristica di artefatto vivente)
  • rispettare le priorità

Ma nella pratica quanti di voi hanno un backlog così ordinato?
Il vostro backlog ha davvero queste caratteristiche?
E’ possibile farsi un’idea del suo contenuto in 3 minuti?

La domanda non è peregrina… tempo fa è arrivato in azienda un nuovo manager nella funzione IT. E’ andato a conoscere i vari team e ha fatto ai PO una domanda molto semplice: “se do un’occhiata al vostro backlog sono in grado di farmi un’idea al volo dei progetti su cui state lavorando e lavorerete nel prossimo futuro?” 
La domanda di per sé è semplice, ma la risposta? 
Tutti i nostri backlog sono accessibili e possono essere consultati da chiunque in azienda, ma sono davvero comprensibili? Chi li vede per la prima volta può farsi un’idea al volo? 

Il mio backlog è esploso… e adesso?

Spesso non è così e sono tanti i motivi per cui un backlog può sfuggire al controllo.
Ma non preoccupatevi; la buona notizia è che possiamo intervenire in qualsiasi momento e riprendere le redini della situazione.
A venirmi in soccorso è stato proprio il caso letterario di questa autrice giapponese che si definisce una consulente domestica e ha venduto milioni di copie in tutto il mondo.
Ho provato ad applicare alcuni consigli e tecniche mutuati dalla gestione degli spazi fisici al mio backlog e ne ho tratto grandi benefici.

Il clutter nel backlog

Il clutter è disordine, confusione, tutto ciò che non serve ma si trova nel nostro ambiente.
C’è anche chi lo definisce come “decisioni rimandate”.
Fare declutter significa portare ordine, liberarsi di oggetti vecchi ed ingombranti e portare alla luce ciò che è realmente di valore per noi.
Penso che a questo punto vi sia chiaro il perché leggendo il libro mi si sia accesa una lampadina…
Non è esattamente il lavoro di un PO questo? Comprendere e selezionare cosa valorizza veramente un prodotto.

Fare un assessment del backlog

Come in ogni operazione di riordino che si rispetti si parte da una valutazione dello stato attuale. Dobbiamo prendere consapevolezza.
Il primo invito che vi faccio è condurre un’analisi del vostro backlog.
Proviamo ad analizzarlo rispetto a passato, presente e futuro.

Cosa è entrato in passato nel backlog e cosa ha senso che rimanga in questo preciso momento? 
Quanto è opportuno che guardi in là il mio backlog? 

Cominciate a fare una valutazione oggettiva del vostro backlog: quanti item contiene al suo interno? 30? 50? 100?
Ovviamente il numero può dipendere da tanti fattori – il prodotto che seguite, la dimensione dell’azienda, l’organizzazione della stessa – ma tenete presente che oltre una certa soglia si verificano in ogni caso dei problemi.
Un esempio? Un backlog con un centinaio di item e un team che ne lavora 5/6 ad ogni iterazione si traduce in un’attività che cuba quasi un anno.
Siamo così certi che nulla cambi nel frattempo?

Backlog di grandi dimensioni: inconvenienti

Uno dei primi effetti collaterali è che il backlog perde la caratteristica di essere emergente. 
Quando la dimensione va oltre una certa soglia si verificano comunque delle disfunzioni: è difficile avere una visione globale e unitaria di tutto ciò che è presente al suo interno.
Si crea un effetto buco nero, ovvero più caos c’è e più tende a entrarne perché si è superata la soglia di contenimento.
L’altro grosso problema è che essendo già pieno difficilmente lascia spazio all’innovazione.

Abbiamo valutato lo stato di salute del nostro backlog, vediamo ora come le pratiche di declutter possono aiutarci a risolvere il problema.
Incredibile come i consigli per il riordino degli armadi offrano supporto ai PO “congestionati”.

Pianificare il riordino 

Uno dei primi suggerimenti è che dovete pianificare questo tipo di attività.
Non pensate di fare il riordino del backlog piano piano e poco per volta perché questo approccio non porta dei risultati tangibili (parlo ahimè per esperienza). 

E’ un’operazione time-boxed a tutti gli effetti quindi dovete darvi una scadenza né troppo stringente né troppo lasca.
Dovete pianificare dei momenti di questo tipo per poterlo fare effettivamente, metteteli in agenda, se potete coinvolgete anche il team.
Evitate un’attività a spizzichi e bocconi perché questo non porta a un reale cambiamento. Facendo ordine in modo radicale cambiate la vostra forma mentis e la struttura del vostro backlog.

Visualizzare il caos

Un altro consiglio è che tutto deve essere visibile.
Questo è un principio che dovremmo già conoscere perché è affine alle metodologie agili. 

Quando questa operazione viene fatta in casa si parte dai vestiti.
Tutti vengono tirati fuori dagli armadi e posti su letto in modo da poter vedere la montagna che si crea. Stessa cosa per le librerie; tutti i libri sul pavimento. 

Ci dobbiamo confrontare con il caos, dobbiamo “sporcarci le mani”. 
Fate in modo che gli item del backlog siano stampati su un supporto fisico.
Dovete poter giocare con le carte, valutare effettivamente quante sono e vederle dispiegate davanti a voi perché in un secondo momento dovranno essere organizzate. 

Quando mi sono trovata di fronte a 300 card e oltre ho capito di avere un problema…

Eliminare prima di riordinare

Da dove si parte? Prima viene il buttare!
Il riordino è un’operazione solo successiva. 

Questo è il momento in cui interveniamo sulla dimensione del backlog e il numero di item al suo interno per riportarli sotto controllo.
Qui vi stupirete di quanto si possono snellire i backlog.

Da cosa partiamo? Esistono indubbiamente in tutti i nostri backlog una serie di elementi che possono essere tranquillamente cestinati senza timore.
Vi porto qualche esempio… vi può capitare di trovare di tutto: item che nel frattempo sono chiusi perché sono stati lavorati insieme ad altri, attività che sono rimaste nel backlog ma che in realtà sono state portate a termine, duplicati, user stories che rimangono lì per mesi e mesi… si tratta evidentemente di item che hanno un valore inferiore rispetto tutto quello che viene lavorato quindi questo ci dà un’indicazione importante.
Il tempo di permanenza nel backlog è un criterio che dobbiamo sempre tenere presente.
E’ come un vestito che non viene più messo da anni, oltre una certa soglia si può buttare buttare senza pensieri.

Ma quali criteri adottare per fare questa radicale operazione di eliminazione?
Lo vediamo nella seconda parte di questo post!

IAD 2019: la mia intervista con AgileForItaly

In occasione degli Italian Agile Days che si sono tenuti a Modena l’8 e il 9 Novembre 2019 ho avuto il piacere di fare quattro chiacchiere sul tema Impact Mapping con gli amici di AgileForItaly.

Li conosco da tempo e ammiro il gran lavoro che Tiziano, Pierpaolo e Davide  stanno facendo per diffondere in modo chiaro e divertente le tematiche Agili in Italia.
Ci accomuna la medesima passione e la voglia di non prenderci troppo sul serio ;)

Nell’intervista parliamo di temi che ho già avuto modo di approfondire in altri post:

Qui in particolare ci siamo soffermati su come applicare l’Impact Map ai progetti growth, come produrla in modo collaborativo all’interno del team di lavoro, come darne visibilità in azienda e ogni quanto aggiornarla. Ho aggiunto anche qualche trucchetto su come partire da 0.

Ecco qui l’audio.
Buon ascolto!

E se ancora non lo conoscete vi consiglio di dare quanto prima un occhio al sito di AgileForItaly. Troverete tante risorse interessanti.

Impact Map: utilizzi pratici

Slide di esempio sul funnel di vendita

Non torno a raccontarvi la teoria dell’Impact Mapping, quella l’abbiamo ampiamente approfondita in questo post.
Abbiamo anche parlato di come organizzare praticamente una sessione.
Adesso voglio concentrarmi su cosa succede una volta che la vostra Impact Map è bella e pronta. Dopo tanto lavoro vediamo come metterla a frutto.
Vi do qualche spunto ma sono certa che vi verranno in mente molti altri utilizzi pratici.

Questo è ciò che abbiamo fatto nel mio team.
Non volevamo renderlo un semplice esercizio di stile, volevamo testare il tool sul campo e vedere fino a che punto saremmo riusciti a renderlo un reale strumento di condivisione.
Per questo abbiamo iniziato a presentare l’Impact Map nei contesti più disparati e a comunicarla ai vari livelli dell’organizzazione.

Epiche nel backlog

Gli impatti – o meglio le diverse combinazioni attori / impatti – sono stati inseriti come epiche nel Product Backlog.
In alternativa potreste utilizzarli come temi, che sarebbe un’impostazione ancora più corretta dal momento che i temi hanno carattere più generale e non si esauriscono.
In questo modo abbiamo inquadrato ogni item del backlog in una visione più generale. Questo ci ha consentito di dare maggiore contesto ad ogni attività e far crescere questo tipo di consapevolezza anche nel team.

Valore atteso in demo

Abbiamo introdotto dei riferimenti agli impatti nelle slide delle demo.
Ogni incremento di prodotto o A/B test veniva presentato esplicitando l’ipotesi sottostante: l’impatto che pensavamo di ottenere attraverso l’introduzione di quella specifica feature con tanto di metriche (=KPI).
In questo modo intendevamo trasmettere al pubblico della demo le finalità che guidavano le singole attività di sviluppo. Indirettamente stavamo comunicando anche il  framework di lavoro.

Priorità di lavorazione

Questo è stato un utilizzo molto concreto. Nel nostro team mancava il ruolo dello UX designer.  Abbiamo dovuto condividere questa risorsa con altri team. Coordinarsi in questa situazione non è né facile né ottimale.
La condivisione dell’Impact Map con le persone che collaboravano al progetto (ux research, designer, data analyst, altri team, ecc.) ci ha aiutato a rendere chiare le ragioni delle priorità di lavorazione.
Lo sviluppo è diventato più fluido e le dipendenze che inizialmente creavano ritardi sono diventate molto meno frequenti.

Allineamento con gli stakeholder

Tra tutti questo è forse l’utilizzo che ho trovato più vantaggioso in assoluto.
In questo caso l’Impact Map è stata un prezioso strumento di allineamento nella gestione delle aspettative degli stakeholder e nella raccolta dei feedback da parte del senior management.
L’accento sugli attori e sugli impatti ci ha consentito di mantenere la conversazione ad un livello strategico, di mantenerci aperti ad esplorare varie opportunità ed evitare cadute quali richieste di specifiche funzionalità.

Corrispondenze con il funnel

Infine – dato che il nostro progetto era focalizzato nello specifico sull’incremento dei volumi di vendita di una determinata tipologia di prodotti (quella che nelle immagini è indicata con XXX per riservatezza) – abbiamo trovato un’interessante corrispondenza tra gli impatti definiti per le due tipologie di clienti principali e i vari step del funnel di vendita o del cosidetto “funnel dei pirati” se utilizzate un approccio vicino al Growth Hacking.
E’ quello che vedete nell’immagine principale del post.

Questo è tutto da parte mia.
Se avete voglia di condividere qualche altro utilizzo pratico che avete in mente o che avete sperimentato sono tutta orecchie.
Alla prossima!