Come organizzare una sessione di Impact Mapping

Esempio di Impact Map

Oggi voglio raccontarvi di un argomento che mi sta particolarmente a cuore. Lo so, ho già scritto diversi post a riguardo ma in questo caso parliamo proprio di pratica: come si organizza operativamente una sessione di Impact Mapping.

Sto gestendo un progetto di crescita. E’ molto interessante ed allo stesso tempo anche complesso. Ho dalla mia due grandi vantaggi: il fatto di lavorare con focus esclusivo su questo obiettivo di business e un team con ottima seniority per poter fare end-2-end sulla nostra piattaforma.

Per me è stata l’occasione giusta per rispolverare questo strumento che amo molto e non impiego mai abbastanza.
Quando ho messo a fuoco che era il tool giusto per orientarmi nel mio progetto e ho cominciato a cercare istruzioni dettagliate su come gestire una sessione di Impact Mapping ho trovato in rete poche risorse concrete (questa è comunque la migliore base di partenza).
Da qui l’idea di condividere la mia esperienza.

L’occorrente

Se anche voi volete organizzarne una sessione di Impact Mapping avete bisogno di:

  • una sala riunioni
  • un tempo dedicato (considerate mezza giornata per partire)
  • tavoli ampi (su cui elaborare l’artefatto)
  • i partecipanti (ne parliamo più avanti)
  • un facilitatore
  • il libro o il sito di Adzic e mappe d’esempio
  • materiale di supporto (fogli A1, post-it, pennarelli, ecc.)

Una parentesi d’obbligo sul giusto mindset, ovvero la predisposizione ad accogliere inizialmente tutte le idee come si fa nei brainstorming. Fa parte del processo partire da una fase di pensiero divergente per poi convergere successivamente sulle priorità. Quindi nessuna idea è sbagliata!

Setting della sessione

Il setting iniziale prevede 4 momenti:

  • spiegazione dello strumento
  • condivisione di mappe d’esempio
  • chiarimento delle regole del gioco
  • condivisione dell’obiettivo

E’ fondamentale introdurre lo strumento a tutti partecipanti.
In particolare vi invito a soffermarvi sugli impatti. Sono il cuore della mappa e spesso la parte più fraintesa da chi non ha già esperienza del tool.
Gli impatti vengono confusi con i deliverables mentre è importante chiarire che si tratta comportamenti; i comportamenti che vogliamo cambiare negli attori per raggiungere il nostro obiettivo.
I deliverables invece sono solo ipotesi: funzionalità che pensiamo possano produrre un impatto. Congetture da testare sul campo.

E’ utilissimo mostrare delle mappe d’esempio prima di cimentarsi a creare la propria. Quelle riportate nel libro di Gojko Adzic o sul sito vanno benissimo.

A chiusura dell’introduzione chiarite due “regole del gioco” fondamentali:

  1. la finalità non è implementare l’intera mappa ma cercare il percorso più veloce per raggiungere l’obiettivo
  2. il focus principale è la creazione di valore, non la delivery di funzionalità (= output). I deliverable hanno senso se e solo se producono un impatto. Se non lo fanno sono solo waste.

L’obiettivo

Un paragrafo a parte merita l’obiettivo.
E’ fondamentale che non ci siano ambiguità sull’obiettivo che state perseguendo.
Deve essere chiaro, condiviso da tutti i partecipanti e SMART (Specifico, Misurabile, Achievable ovvero raggiungibile, Rilevante e definito nel Tempo).

Se avete la sensazione che non sia così rimandate la sessione e chiarite prima questo punto.
L’obiettivo è il cuore dei vostri ragionamenti. Evitate di lavorare su qualcosa che si rivela poi essere sbagliato. Succede più frequentemente di quanto non immaginiate.
Idealmente dovreste arrivare alla sessione di Impact Mapping avendo esplicitato tutti i trade-off sottostanti all’obiettivo. Due domande possono venirvi in aiuto: Cosa siete disposti a mettere sul piatto per poterlo raggiungere? A quali condizioni rimane valido?

I partecipanti

Qui è importante la varietà di punti di vista.
Questo strumento fa leva sulla cosidetta “wisdom of crowd”, la saggezza della folla. E’ un tool collaborativo. Ecco perché è importante avere i vari interlocutori al tavolo: sales, prodotto, tecnologia, data analytics, ecc.
Maggiore è la varietà dei punti di vista e più articolata risulterà la mappa a livello di attori e impatti.

Se pensate che i partecipanti siano troppi (diciamo più di 8/10) ha senso suddividersi in più gruppi e lavorare separatamente. Il setting iniziale sarà comune, poi i partecipanti si divideranno per lavorare sulla mappa. L’importante è far fare allineamenti frequenti sui vari passaggi e prevedere una condivisione finale.

Una menzione speciale merita il facilitatore. Vi sconsiglio di avventurarvi in una sessione di Impact Mapping senza avere qualcuno che possa agevolare gli scambi durante il meeting, tenere i tempi e riportare la conversazione sui binari corretti quando necessario.
Pensare di prendere attivamente parte ai lavori e facilitare allo stesso tempo è  illusorio. Chi presidia il processo dovrebbe fare solo questa attività (e non è poco!).

La durata

Quanto tempo serve? Questa è una delle domande più frequenti…
In letteratura trovate indicazioni per una sessione di una giornata o mezza giornata.
Per l’esperienza che abbiamo avuto noi è veramente difficile superare lo scoglio delle 3 ore.
L’attenzione subisce un drastico calo e anche la qualità della produzione diminuisce vertiginosamente.

Questa è una proposta di agenda:

  • 30 minuti per introdurre l’Impact Map
  • 15-30 minuti per condividere l’obiettivo (a patto che abbiate fatto prima i compiti a casa)
  • 90-120 minuti per una prima bozza
  • 15 minuti di riepilogo

Il mio consiglio – nel caso di una mappa particolarmente ampia – è di suddividere il lavoro in più sessioni. Magari in un primo momento potete definire gli attori, individuare uno/due degli attori principali e concentrarvi sugli impatti che volete ottenere da questi soggetti.
Non abbiate timore di lasciare indietro qualcosa. Se iniziate a utilizzare l’Impact Map come strumento operativo pianificherete di certo più di una sessione nel corso del vostro progetto.

Pillole sul campo

Aggiungo qualche suggerimento distillato dalle lezioni sul campo.

Mappa di prova

Se è la prima volta che fate una sessione di questo tipo potrebbe esservi d’aiuto fare prima una mappa di prova per conto vostro, per capire gli attori che non possono mancare e supportare le giuste conversazioni al momento. Non deve emergere la “vostra” mappa; ciò che verrà fuori dalla sessione sarà di norma un quadro molto più ricco di quello che avete ipotizzato. Consideratela una sorta di traccia. Può essere di grande utilità se vedete che la conversazione si arena o se non ci si smuove da un singolo attore.

Impatti, impatti, impatti

Il cuore della mappa sono gli impatti. E’ li che dovete concentrarvi maggiormente. Definire come volete cambiare il comportamento degli attori. Se mettete a fuoco questo componente correttamente tutto sarà più facile.
Vi accorgerete di aver fatto un buon lavoro perché i comportamenti non cambieranno più di tanto nel tempo, mentre i deliverable sì (subiranno la prova dei fatti).

Livello di dettaglio

Questo è un altro punto che suscita molti dubbi. Quanto dev’essere dettagliata la mappa?
In realtà è un non problema.
La risposta giusta è: quanto basta per partire, per mettervi in condizione di validare le prime ipotesi con il team.
La mappa cambia nel tempo. Si adatta sulla base dei feedback che arrivano: i dati quantitativi, gli insight qualitativi. Capirete strada facendo il livello di dettaglio che vi serve in una determinata fase di progetto.

Nel nostro caso ad esempio siamo partiti definendo degli attori molto “macro”: gli utenti che ricercano voli e i clienti che hanno già acquistato un volo.
Adesso sentiamo la necessità di introdurre un nuovo livello di dettaglio utilizzando le personas… e – lo sappiamo già – potrebbe non essere anche questa la versione definitiva.

Non abbiate timore di sperimentare versioni diverse e ripensarla da capo.
E’ un lavoro mai finito.
Fate queste domande al team:

  • per com’è adesso la mappa vi è utile nella vostra attività quotidiana?
  • vi supporta o è d’ostacolo nel prendere decisioni operative?

Sulla base del feedback saprete se c’è bisogno di riorientare il tutto.
E’ una mappa in fondo. L’importante è che vi guidi a destinazione.

Impact Mapping in pratica

La teoria la conosciamo: Impact Mapping è un potente strumento di pianificazione strategica. Ma cosa significa utilizzarlo nel concreto? Come muovere i primi passi?

Qui ho inserito le slides della mia presentazione all’Italian Agile Days 2019 su come organizzare una sessione di Impact Mapping e come cercare di renderlo uno strumento vivo nella conduzione di progetto.

In lastminute.com sto utilizzando questo strumento per la gestione di un progetto di crescita e ho preso l’occasione per condividere con voi alcune lessons learned. 

Oltre alle slide sto preparando 2 post di approfondimento per trarre il massimo da questo tool. Nel primo si entra nei dettagli di come organizzare una sessione di Impact Mapping mentre nel secondo si parla di utilizzi pratici di questo strumento.

E voi? Avete già avuto l’occasione di metterlo in pratica? Come vi siete trovati? Sarei felice di condividere esperienze a riguardo.

Impact Mapping per la pianificazione strategica

Template di esempio di Impact Map

Di ritorno da un workshop di un giorno con Gojko Adzic ho deciso di raccogliere le idee e gli appunti sull’Impact Mapping, una tecnica di pianificazione strategica che mi sembra allo stesso tempo semplice e molto potente.

Che cos’è una Impact Map?

E’ una mappa mentale che rappresenta il percorso da uno specifico obiettivo di business alle azioni che consentono di raggiungerlo.
E’ una rappresentazione creata in maniera collaborativa dal business e dalla tecnologia ed ha il vantaggio di mostrare anche le assunzioni sottostanti.
Risponde a queste 4 domande fondamentali:

  • perché?
  • chi?
  • come?
  • cosa?

Perché stiamo facendo questo progetto?

Questa parte spiega qual è l’obiettivo che vogliamo raggiungere, aiuta a renderlo esplicito e patrimonio di conoscenza condivisa.
Spesso infatti gli obiettivi di business non sono esplicitamente dichiarati; a volte sono presenti solo nella mente degli stakeholder, a volte hanno una definizione troppo vaga.

Nell’immagine d’esempio l’obiettivo è uno: far crescere l’advertising mobile.

Priorità agli obiettivi, non alle funzionalità!

Se un progetto consente di raggiungere gli obiettivi di business è un successo anche se l’ambito è variato rispetto alla visione iniziale; viceversa se tutte le funzionalità individuate all’inizio vengono portate in produzione senza che l’obiettivo sia raggiunto il progetto è un fallimento.

Non dimentichiamo inoltre un consiglio sempre valido: formulare gli obiettivi in maniera smart (specifici, misurabili, orientati all’azione, realistici e collocati nel tempo).

Chi sono gli attori?

Chi sono i nostri utenti e come sono influenzati dal nostro prodotto?
Di chi vogliamo cambiare il comportamento?
L’Impact Map ci aiuta a focalizzare tutti coloro che influenzano le decisioni di prodotto, gli utenti e le varie tipologie di clienti.
Tiene conto degli attori primari (quelli per cui il prodotto soddisfa un bisogno), gli attori secondari (coloro che forniscono un servizio) e gli attori “fuori scena” che hanno un interesse ma non ricadono nelle due precedenti casistiche (i più rischiosi in termini di pianificazione perché prima o poi si risvegliano).

Nell’esempio riportato sono stati individuati 3 segmenti potenzialmente interessanti: i fan dotati di device mobili, gli organizzatori di concerti e infine agenti e promoter.

Come vogliamo modificare il comportamento degli attori?

Questo passo è il collegamento più importante tra l’obiettivo e il prodotto finale perché mette in relazione l’attore con l’obiettivo.
Definisce come vogliamo cambiare il comportamento degli attori.
Cosa vogliamo che inizino a fare, smettano di fare o facciano in maniera differente?
Gli impatti non sono funzionalità, sono appunto comportamenti.
Dobbiamo individuare quelli che sono più rilevanti per centrare l’obiettivo e – cosa importante – misurarli.

Meglio sottolinearlo: stiamo parlando di cambiamenti nel comportamento delle persone, non a livello dei sistemi!

E’ in relazione agli attori e agli impatti che andremo a definire le nostre priorità, non sulle feature.

Nell’immagine d’esempio sono stati riportati gli impatti che si vuole indurre nei fan: una maggiore frequenza di utilizzo del sito mobile, sessioni più lunghe ed una maggiore esposizione ai banner mobile.

Cosa?

Solo nell’ultimo passaggio parliamo di ambito e funzionalità, non prima.
Andremo a mappare i deliverable rispetto agli obiettivi di business.
L’Impact Map mette tutti i deliverable in relazione con gli impatti da produrre.
Mappare queste relazioni significa portare alla luce le assunzioni che abbiamo fatto.
Gojko sottolinea che questo è il livello meno importante della mappa. Non è necessario infatti che sia fatto tutto dall’inizio alla fine; i deliverable sono opzioni, mano a mano che verranno rilasciati saranno misurati gli impatti e si potrà decidere se proseguire nell’implementazione o dedicarsi ad altri obiettivi.

Ambito di applicazione

Le Impact Map possono essere applicate allo sviluppo di nuovi prodotti, all’evoluzione di prodotti esistenti e alla gestione della roadmap, purché ci sia accordo sul fatto che lo scopo finale è raggiungere l’obiettivo di business, non un set prestabilito di funzionalità.
Se un deliverable non produce cambiamenti pur funzionando correttamente è da considerarsi un fallimento.
L’Impact Map non si presta invece ad essere applicata in progetti di pura maintenance.

Quali vantaggi offre

La progettazione iterativa è spesso carente in termini di big picture.
L’Impact Map colma questa mancanza offrendo un contesto alla progettazione.

Ha il vantaggio di farci mantenere un focus forte e ci aiuta a prioritizzare, facilita la collaborazione e l’interazione oltre a rendere visibili le assunzioni.

E voi l’avete mai utilizzata? In quale contesto?

Se siete alla ricerca di informazioni pratiche la mia presentazione allo IAD 2019 e questo post su come organizzare una sessione di Impact Mapping potrebbero esservi d’aiuto.
Per gli amanti dei podcast parlo di Impact Mapping anche in questa intervista per AgileForItaly.