Oggi permettetemi una digressione e un post più “personale” del solito.
Siamo alla fine di un anno molto intenso, corto e allo stesso tempo lunghissimo.
In questi giorni si moltiplicano i meme di auguri per il nuovo anno che cercano di esorcizzare tutto ciò che abbiamo passato.
Io non ho nulla di cui lamentarmi. Sono tra le fortunate che non ha avuto gravi problemi in famiglia e nel giro di amicizie, ho preso il Covid ma in maniera molto lieve e ne sono uscita senza strascichi. Questo peraltro mi sta consentendo di trascorrere le feste serenamente in famiglia senza l’assillo di poter contagiare genitori in là con gli anni.
Insomma pur essendo stato un anno complicato, un anno duro, il mio personale bilancio è comunque positivo.
Mi sono fermata a pensare a quali insegnamenti – dalla prospettiva di persona di prodotto – mi porto a casa alla fine di questi 12 mesi e ve li condivido.
Non sono riflessioni del tutto nuove, per lo più maggiori consapevolezze.
Spero che anche voi abbiate trovato lati positivi in questo caos (magari non solo la possibilità di fare le call indossando i pantaloni del pigiama).
L’ascolto non scontato del cliente
Ho sempre immaginato che le grosse realtà B2C fossero tra le aziende più propense all’ascolto del cliente, in particolare le realtà del settore e-commerce.
Con mia grande sorpresa ho scoperto che non è sempre così.
Non voglio generalizzare perché non ha senso, ma mi sento di dire che non esiste una correlazione diretta tra la dimensione dell’azienda e l’attitudine ad essere customer-centric, così come tra l’autorevolezza del brand e l’ascolto del pubblico.
Esistono piccole realtà che fanno dell’ascolto del cliente un arte così come grosse società retail che danno per scontato di conoscere perfettamente la propria customer base e non “perdono tempo” con l’analisi dei bisogni dell’audience.
La propensione all’ascolto non è una questione di mezzi a disposizione, è soprattutto un tratto della cultura dell’azienda e – come tutti gli aspetti valoriali – non è soggetto nel bene e nel male a cambiamenti repentini.
Per me l’ascolto del cliente è un aspetto fondante della product ownership quindi ho imparato ad indagare l’argomento in profondità durante i colloqui e a metterlo alla prova spesso e volentieri nel lavoro di tutti i giorni.
Quando riconosco questa apertura nei miei interlocutori per me è una gioia perché so che potrà essere fatto un lavoro di qualità sui prodotti.
Il valore è negli occhi di chi guarda
Molto spesso nel mio ruolo mi sono trovata ad argomentare il valore di un prodotto o di un servizio e con l’esperienza questa attività è diventata sempre più “automatica”.
Ciò non toglie che la mia personale prospettiva non può in alcun modo supplire quella dell’utente finale.
Quando progettiamo qualcosa di nuovo facciamo analisi, ricerche, discovery per comprendere meglio le necessità dell’audience ma la prova del nove finale l’abbiamo solo ed esclusivamente quando il prodotto finito va nelle mani dei clienti. E qui la storia dell’innovazione è piena di oggetti e servizi di successo creati per uno scopo e utilizzati per tutt’altro.
Ricordo un professore all’università che ci parlava di come il significato di un testo una volta pubblicato viene interpretato dal pubblico e non coincide più con il messaggio dell’autore.
Nel mio lavoro accade la stessa cosa; ecco perché voglio vedere il risultato finale dalla prospettiva di chi lo guarda, lo esperisce e lo utilizza.
Da quel punto di vista scopro nuovi significati di cui non ero consapevole.
Il team è più della somma dei singoli individui
Questo è stato un anno di cambiamento per me. Nel bel mezzo della pandemia ho lasciato il mio impiego precedente per assumere il ruolo di Head of Product in una nuova società.
Mi piacciono i cambiamenti e li vado a cercare quando capisco di non poter fare il mio lavoro nelle condizioni che ritengo corrette.
Sono felice delle novità che questa evoluzione ha portato ma in questi ultimi mesi ho realizzato quanto mi manca la realtà del team cross-funzionale che gestisce il prodotto end-to-end.
Sarà che l’ultima esperienza in Lastminute per me è avvenuta con un gruppo di persone straordinarie, sarà che mi manca l’atmosfera di continuo brainstorming e il lavoro serrato sulla validazione di ipotesi, ma una volta di più ripeto uno dei miei mantra preferiti: “Product is a team game!”.
Da sola posso comunque creare valore, ma ciò che posso fare all’interno di un team dove sono presenti diverse professionalità e background non è neanche lontanamente paragonabile. Il tutto è più della somma delle singole parti!
Quindi andate a cercare chi sfida le vostre idee, chi le mette in discussione, chi vi chiede perché e porta prospettive alternative.
Il prodotto non è una monade
A volte quando siamo focalizzati nel migliorare un particolare aspetto di un prodotto o di un servizio possiamo perdere di vista l’insieme. Può succedere anche quando abbiamo la responsabilità in toto di un prodotto digitale. Ci concentriamo su questo e perdiamo l’attenzione su tutto ciò che succede prima e dopo la vendita.
Ma il prodotto non è una monade e chi lo utilizza si è prima informato in proposito, ha chiesto pareri, ha fatto ricerche e – una volta perfezionato l’acquisto – valuta la qualità del post-vendita, la gentilezza dell’assistenza clienti e l’efficacia nel fornire risposte.
Intendo dire che i confini del prodotto non sono netti e di certo l’esperienza utente è a 360 gradi.
Se dimentichiamo che ciò che abbiamo rilasciato in produzione vive all’interno di un’ecosistema potremmo sottovalutare potenziali criticità o non cogliere tutte le opportunità che lo scenario offre.
La passione premia sempre
Anche in un anno così difficile è la passione che mi ha guidato verso nuovi lidi.
Faccio il mio lavoro perché ne sono appassionata, scrivo di product ownership perché mi piace condividere queste idee, frequento eventi Agile perché mi arricchisco nello scambio con i colleghi.
Molto del tempo che dedico a questi temi non porta soldi e va bene così. Lo faccio perché mi rende una persona migliore, più consapevole, più attenta, più curiosa.
Poi, quando meno te l’aspetti, questa passione genera opportunità inattese.
Non si può mai sapere dove porta il “flow” e le sorprese sono a volte oltre ogni aspettativa.
Quindi per il 2021 vi auguro di coltivare grandi passioni e percorsi di crescita.
May the passion be with you!