Viaggio al centro della Discovery

Il mio intervento a StopCoding

Giovedì 20 Novembre ho fatto un talk con gli amici di StopCoding, la community fondata da 20tab con l’intento di diffondere e divulgare il know-how sulle metodologie Lean e Agile che negli ultimi 30 anni hanno cambiato la gestione e lo sviluppo dei prodotti.

Il meetup verteva sul processo di Discovery ed in particolare sull’importanza di inquadrare correttamente il problema da risolvere, ovvero il problem framing.

La Product Discovery è un argomento che mi sta particolarmente a cuore e una pratica che ritengo il fiore all’occhiello delle persone di prodotto.
Questo talk nasce come una riflessione su un corso tenuto per la mia azienda da Nielsen Norman Group a cui ho avuto la fortuna di partecipare.
Ho pensato di condividere con voi i punti più salienti.

Qui potete vedere la registrazione dell’evento.

Business Model Canvas e innovazione: il caso Netflix

Avete mai utilizzato il Business Model Canvas? Lo strumento che consente di mappare, analizzare e progettare nuovi modelli di business? Ne avevo già parlato tempo fa (qui il post).
Si tratta di un modello ideato da Alexander Osterwalder nel 2004 e pubblicato nel 2010 nel libro Business Model Generation che ha rivoluzionato il modo di rappresentare i business model.

Cos’è il Business Model Canvas

E’ uno strumento strategico – ne abbiamo già presi in esame altri – utile a sviluppare nuovi modelli di business o a perfezionare quelli esistenti.

Il Business Model Canvas si presenta sotto forma di schema grafico ed è un tool ideale per mappare qualsiasi progetto di business. Ciò che si ottiene è una rappresentazione chiara e schematica delle soluzioni organizzative e strategiche che permettono all’azienda di creare, distribuire e acquisire valore.

E’ un template che offre la possibilità di comprendere elementi complessi del funzionamento di un’intera azienda in modo semplice ed intuitivo attraverso una sola immagine.

I 9 componenti del Business Model Canvas

Secondo Osterwalder il modello di business di ogni azienda può essere descritto tramite l’utilizzo di 9 blocchi:

  • Segmenti di clientela (Customer segments)
    Tutte le persone o le organizzazioni per cui l’azienda crea valore, siano essi utenti o clienti paganti
  • Proposta di valore (Value proposition)
    È l’insieme di prodotti e servizi che crea valore per i clienti, la risposta alla domanda “perché i tuoi clienti dovrebbero scegliere la tua soluzione?”
  • Canali (Channels)
    Sono tutti i punti di contatto tra l’azienda e i suoi clienti
  • Relazioni con la clientela (Customers relationship)
    Sono le modalità attraverso cui l’impresa acquisisce clienti, li fidelizza e fa crescere le vendite
  • Flussi di ricavi (Revenue stream)
    Descrive in che modo e con quale pricing il tuo business model genera valore vendendo prodotti o servizi ai vari segmenti di clientela
  • Risorse chiave (Key resources)
    Sono gli asset strategici di cui un’azienda deve disporre per sostenere il proprio modello di business
  • Attività chiave (Key activities)
    Descrivono le attività che l’azienda deve fare per creare e sostenere la value proposition
  • Partner chiave (Key partnership)
    I fornitori e i partner necessari per far funzionare e fare leva sul tuo business model
  • Struttura dei costi (Cost structure)
    Definisce i costi che l’azienda deve sostenere per far funzionare il proprio modello di business

Scarica il Business Model Canvas

Il Business Model Canvas in azione: Netflix

Per farvi vedere come funziona ho preso un esempio.
Ma che c’entra Il Business Model Canvas con Netflix? C’entra c’entra.

Facciamo una prova dal vivo: proviamo a ricostruire la storia di Netflix usando questo strumento.

La storia di Netflix

La storia di Netflix parte nel 1997.
Era una piccola azienda di noleggio DVD che ha scelto di distribuire i video tramite posta.
Il catalogo dei film era online, il cliente faceva la selezione e nel giro di 2-3 giorni riceveva i DVD per posta (fisica, non elettronica).

La prima innovazione che ha portato è stata quindi nel canale: ai tempi se volevi noleggiare un DVD dovevi fisicamente recarti nello store (Blockbuster).

La seconda innovazione – molto più interessante per l’utente finale – è stata fatta sulla revenue stream: a differenza dei competitor Netflix non faceva pagare il singolo noleggio bensì ha deciso di testare un abbonamento mensile a 9,99$ che consentiva di prendere DVD a volontà.

Nel 1999 si presentava così ai clienti: “no due dates, no late fees, unlimited rentals” (è il primo pay off di Netflix).

Questo cambiamento ha prodotto in realtà un altro valore per gli utenti finali: evitare di pagare multe per le restituzioni in ritardo. La leggenda vuole che lo stesso Reed Hastings abbia pagato una late fee di 40$ una volta e da quel momento abbia deciso di risolvere il problema… fondando un’azienda. Chissà se è vero!

Gli anni passano, anche Netflix viene colpita dalla bolla speculativa nel 2000 trovandosi a dover mandare a casa due terzi dei dipendenti ma già nel 2002 il numero di abbonamenti torna a crescere significativamente e la società diventa pubblica.

Nel 2004 BlockBuster si accorge che c’è un competitor sul mercato e a quel punto copia l’idea dell’abbonamento abbassandone il prezzo (a 8,99$) ma dimentica di fare leva a sua volta sul canale più importante che ha a disposizione: i negozi di prossimità.
Questi ultimi avrebbero consentito di spedire i DVD con tempi di consegna inferiori ma il colosso dell’home video non sceglie questa strada.
Decide tardi di eliminare le late fees e perde un bel pezzo delle sue fonti di ricavo.
Nonostante questo nel 2007 BlockBuster cresceva ancora erodendo quote di Netflix e un nuovo competitor si affacciava sul mercato: Walmart.

Walmart adotta un’altra strategia ancora: noleggia i video a prezzi bassissimi pur di attirare gente nei propri store. E’ il cosiddetto low leader pricing model. Le revenue da DVD verranno compensate da altri tipi di acquisti.

Ed è sempre nel 2007 che Netflix va in streaming e diventa da lineare a on demand TV. Ancora una volta è un pioniere di Internet e innova sul canale per consentire una fruizione immediata in tempo reale. Altra value proposition per il cliente!
L’infrastruttura tecnologica delle rete non è del tutto pronta ma Hastings e soci scommettono su di essa.
L’investimento tecnologico è ingente così come quello in data analytics: nasce l’algoritmo di raccomandazione che consente ai fruitori di trovare contenuti di loro gradimento.

C’è un altro valore che viene creato per il cliente: le serie tv sono rilasciate in una botta sola, intere, così il fruitore non deve aspettare settimane per scoprire come evolve la storia… benvenuti nell’era del binge watching! E nessuno osi dire che non è valore questo…

Ma questo non basta. Netflix sa che la vera battaglia sulle piattaforme si gioca a livello dei contenuti e che la sua crescita non tarderà a “infastidire” le grosse case di produzione e a far crescere il costo delle licenze. Per questo motivo innova ancora questa volta nelle attività chiave cominciando a produrre contenuti per conto proprio.
E’ il 2013 quando Netflix lancia House of Cards.
E investe tanto in questo stream: parliamo di produzioni localizzate, sempre più di qualità e sempre più frequenti (dichiara di voler lanciare un nuovo film a settimana).

I dati aiutano in questo: Netflix ha moltissime informazioni su ciò che piace alla gente e li usa in maniera intensiva per prendere decisioni sui contenuti da produrre e per confrontare le visualizzazioni di contenuto con il costo dei progetti. E’ una tech company che lavora nel mercato dell’entertainment.

Come previsto le altre grandi case di produzione – Disney e HBO in primis – decidono di lanciare i loro contenuti su piattaforme proprietarie togliendole da Netflix.
E un altro competitor – in maniera simile a quanto successo con Walmart nel 2007 – si fa avanti: è Amazon Prime che punta nuovamente sul loss leader principle per attrarre i clienti con prezzi bassissimi. Del resto Bezos non è interessato a fare i soldi con i contenuti video ma a trattenere i clienti nella sottoscrizione Prime (con cui acquistano un tot di altre cose).

Ce la farà Netflix a trovare un altro punto di svolta, un’ennesima innovazione? Oggi sono molti ad avere dei dubbi a riguardo.


Staremo a vedere come cambierà di nuovo il suo Business Model Canvas; certamente ha tutte le capacità per provarci. Non a caso è entrata negli annali della borsa con il suo ritorno sul mercato del 10.000% dal 2007 al 2018.
Avete letto bene 10.000%.
Se avessimo investito anche solo 100$ …

Una guida per la creazione delle personas

Abbiamo già parlato di personas in passato. Come sapete è un mio cavallo di battaglia…

UXPressia - template personas
UXPressia è un tool online di creazione delle personas


Vi ho raccontato cosa sono le personas, quali strumenti potete utilizzare per costruirle, che tipo di domande potete fare nelle interviste e quali modelli prendere ad esempio.
Oggi torno su questo tema perché mentre stavo facendo una ricerca sui tool di creazione online delle personas – di cui parlerò prossimamente – mi sono imbattuta in un documento che penso possa fornire degli spunti interessanti.

Si tratta della guida di UXPressia, una start-up di San Mateo Califonia nata nel 2014 da un gruppo di progettisti appassionato di design thinking.
UXPressia è un tool online di creazione di personas, customer journey e impact maps che favorisce un approccio collaborativo.

La guida in questione è ovviamente uno strumento di marketing per far conoscere il loro applicativo ma contiene diversi spunti interessanti che penso valga la pena condividere.
Qui potete scaricarla.

Creare le personas

La guida ripercorre le basi della teoria e i vari elementi di cui abbiamo già parlato: le domande volte a chiarire gli aspetti demografici (chi sono i nostri clienti? che età hanno? dove vivono? ecc.) e quelli comportamentali (cosa vogliono ottenere? perché fanno quello che fanno? cosa li motiva? ecc.).
Ricordate? L’obiettivo è arrivare a comprendere gli obiettivi, le attività, i bisogni e le difficoltà di clienti e utenti perché queste informazioni sono risorse preziosissime per migliorare la customer experience e, in generale, i nostri prodotti e servizi.

L’utilizzo di scale di comportamento

Uno dei punti della guida che porto alla vostra attenzione è questo: le interviste ai clienti e ai clienti potenziali ci devono permettere di identificare attributi comportamentali comuni.
Ma cosa intendiamo per attributi comportamentali?
L’attributo descrive cosa influenza una persona nelle situazioni in cui cerca di completare un task, sta perseguendo un obiettivo, cerca di risolvere un problema o interagisce con il nostro prodotto. Ad esempio ogni quanto compie una determinata attività, per quali ragioni è portata a fare una determinata cosa, che strumenti usa, da dove ricava le informazioni, che cosa la frena dal farla?

La guida suggerisce di definire tutti i possibili valori di ogni attributo e mapparli su delle scale.
Nel caso di prima potremmo dire che una persona evita di fare una certa attività – ad esempio gestire direttamente le proprie finanze – perché:

  • pensa di non essere in grado di tener traccia di tutti i dettagli
  • è un’attività che porta via molto tempo
  • ha paura di perdere informazioni rilevanti
  • teme che altre persone possano avere accesso alle informazioni
  • pensa che sia una perdita di tempo.

Questi sono tutti modi di pensare emersi dalle interviste che avete fatto; semplicemente li state posizionando in una scala di comportamenti.
Al termine delle interviste vi troverete con un numero di scale che va da 5 a 20 e, per ogni scala, almeno 3 valori presenti.
Le scale possono riguardare elementi di tutti i tipi, sta a voi scegliere cosa è più rilevante nel vostro caso:

  • fattori umani (età, area geografica, educazione, fisiologia, ecc.)
  • bisogni, obiettivi, aspettative
  • problemi, barriere, frustrazioni
  • conoscenza dell’ambito
  • attività da portare a termine
  • elementi che scatenano l’azione
  • tempo d’esecuzione
  • esperienza del prodotto / servizio
  • ambiente
  • relazione con altri attori durante l’attività.

Collocare gli intervistati sulle scale di comportamento

Una volta definite le scale e i diversi valori al loro interno è giunto il momento di posizionare gli intervistati rispetto ai vari attributi.
Qui stiamo proprio collocando i nomi delle persone con cui abbiamo parlato sui loro attributi quindi ogni nome appare in ciascuna scala.

Vi accorgerete che alcune persone appaiono più volte nella stessa posizione o in posizioni molto vicine. La guida suggerisce che quando le stesse persone appaiono così in diverse scale (da 5 in su) abbiamo individuato un pattern.

Gli intervistati sono mappati rispetto a scale di attributi
Gli intervistati vengono collocati su varie scale di attributi. La presenza di posizioni simili su più scale indica un pattern.


Queste similarità sono il fondamento per la costruzione di una persona.
Possiamo fare una prova del nove: se il pattern identificato è logico e spiegabile allora siamo sicuri di avere individuato un aspetto rilevante della personas.

Personalmente non ho mai utilizzato le scale nel processo di creazione delle personas e ho sempre portato avanti questa fase di individuazione delle somiglianze in maniera più artigianale ma questa tecnica mi sembra molto efficace e decisamente adatta ad una creazione collaborativa. Non mancherò di provarla quanto prima!

Scaricate la guida per costruire le personas! In appendice trovate una lista di domande da cui potete prendere spunto per tracciare le vostre interviste.