Continuous Discovery: metti una sera un webinar con Teresa Torres

Conoscete Teresa Torres? Per me Teresa è un mito!
Si definisce una Product Discovery Coach, è autrice di “Continuous Discovery Habits” e del blog producttalk.org.
Il suo lavoro è aiutare i team in aziende di tutte le dimensioni a prendere buone decisioni su cosa sviluppare rendendo le best practices sempre più semplici.

Martedì 1 febbraio Teresa ha tenuto un webinar dal titolo “The What & Why Of Continuous Discovery”. Potevo mancare a quest’occasione? No! Insieme a me c’erano più di 1000 persone registrate all’evento e collegate da tutto il mondo per capire come fare a calare questa pratica nella quotidianità della propria organizzazione.

Che cos’è la Product Discovery

Discovery = deciding what to build; Delivery = building it

La Product Discovery è un insieme di attività per capire che cosa ha senso sviluppare, mentre con delivery intendiamo lo sviluppo vero e proprio.
Alcune delle pratiche utilizzate nella fase di discovery sono ad esempio le interviste ai clienti, la definizione delle personas e dei jobs to be done, le customer journeys, le sessioni di brainstorming e co-design.

Discovery e delivery non sono attività separate o fasi distinte nel processo di creazione del prodotto perché la linea di demarcazione tra le due tende a sparire.
Secondo la Torres sono entrambe importanti nonostante molte aziende tendono a sottovalutare la prima.
Il suo invito è di approcciare la discovery mettendo l’accento sulla continuità di questa attività. Non si tratta di un progetto con una deadline temporale, bensì di una pratica sempre in corso nel team.

Quando fare Product Discovery

La best practice definita dalla Torres consiste in touchpoint settimanali del team che sviluppa il prodotto digitale con i clienti o potenziali clienti allo scopo di apprendere il “desired product outcome”, ovvero il valore dal loro punto di vista.

Attenzione quindi perché la discovery non è un’attività relegata esclusivamente alla fase iniziale del ciclo di vita del prodotto o al momento in cui si è alla ricerca del product – market fit.
La cadenza continua di questa attività anche in una fase matura del prodotto stesso consente di raggiungere un miglioramento continuo.
Del resto i prodotti digitali non sono mai finiti; è sempre possibile ottimizzarli finché sono in vita e per fare ciò è fondamentale includere i clienti nel processo, co-creare con loro.

Ma da dove si comincia se la Product Discovery è una pratica di cui nessuno ha mai sentito parlare in azienda? Come si fa a raggiungere quei livelli?
Come sempre partiamo da dove siamo.
Se non avete mai parlato direttamente con un cliente alzate il telefono e fissate questo primo incontro. Se le chiacchiere che fate sono solo sporadiche potreste cominciare a mettere in agenda un appuntamento fisso mensile, e così via.
La cosa importante è puntare al miglioramento continuo e progredire passo a passo con l’obiettivo di arrivare a una cadenza settimanale di incontri.

Ricordate: state allenando i muscoli della cooperazione e un nuovo approccio al design!

Chi partecipa alla Product Discovery

Pensate che la Discovery sia di dominio esclusivo del Product Owner? Non è così.
Il minimo sindacale per portare avanti questa attività richiede la coesistenza di 3 figure: il product owner, il designer e il team leader, il cosiddetto “Product Trio”.
Questo è il minimo delle persone da coinvolgere ma se più persone del team volessero partecipare ben venga!
L’importante è lavorare assieme, portare avanti le interviste in coppia o in trio in modo tale da condividere più punti di vista.

Non esiste un hand-off tra le 3 figure.
Vogliamo davvero tornare ai tempi in cui il prodotto passava le specifiche al reparto creativo e questo passava i template allo sviluppo senza un minimo di interazione? Il risultato è sempre stata una perdita di fedeltà con l’idea iniziale del cliente e – più spesso del previsto – la creazione di una soluzione sbagliata.
Ecco perché oggi includiamo tutti – ingegneri compresi – nelle decisioni su cosa andare a sviluppare.

Scopo della Discovery

La Discovery portata avanti dal product trio ci consente di definire l’impatto che vogliamo ottenere con il nostro prodotto digitale, non la lista di funzionalità che andremo a sviluppare (ricordate la la differenza tra output e outcome?).
I cambiamenti sono costanti nel mercato, emergono continuamente nuove tecnologie e nuovi competitor; le nostre stesse release di prodotto hanno un effetto che porta a nuove richieste.

L’obiettivo della Product Discovery è identificare nuove opportunità, prioritizzarle e ideare soluzioni che indirizzino le più promettenti.
Teresa ci ricorda che è fondamentale non buttarsi sulla prima soluzione che ci è venuta in mente perché potremmo essere influenzati da tanti bias.
Le opportunità vanno messe a confronto tra loro.
Se volete capire meglio come effettuare questa selezione vi consiglio di prendere in considerazione quello che lei ha da dire sul tema opportunity tree (su cui tornerò anch’io a breve…):

La vera storia dietro a Super Mario

Ricordate il Product Management Day dello scorso novembre? Ne ho già parlato qui.
Ecco, oggi voglio segnalarvi quello che a mio avviso è stato il miglior intervento della giornata.

Si intitola “La vera storia dietro a Super Mario” ed è il talk di Lorenzo Cassulo, ex-collega, amico  e da sempre magnifico storyteller.

Lorenzo ci accompagna in una storia che parte dal lontano 1889 nel magazzino dell’azienda giapponese Nintendo. E’ un excursus nell’evoluzione del mercato dell’intrattenimento che passa dalle prime carte con disegni, ai giochi clandestini, fino ai primi cabinet da bar. 

Nel ‘79 il flop del gioco Radar Scope sul mercato americano mette Nintendo a rischio ma è proprio dalla difficoltà di avere magazzini pieni di videogiochi invenduti che nasce l’idea di utilizzare i cabinet già sdoganati, sostituire il gioco all’interno e cambiare gli adesivi esterni.

E’ in quell’occasione che nasce l’iconico personaggio di Super Mario per mano di Shigeru Miyamoto.
E’ il racconto di come opera un designer: reinventa i protagonisti di una saga, aggira i limiti tecnici del tempo attraverso la creatività, cambia lo scenario con un gioco multi livello, costruisce una storia in grado di fare la differenza tra il fallimento e un successo planetario, quello dei famosissimi Mario Bros.

Lorenzo ci parla di creatività, passione per il prodotto, ricerca di nuove opportunità e di soluzioni innovative, capacità di visione… tutte quelle caratteristiche che rendono i Product Owner veramente tali. 

“Le opportunità sono sempre intorno a noi, basta saperle vedere”

E’ con questa prospettiva che voglio iniziare il nuovo anno, con un talk che parla di prodotto attraverso i ricordi della nostra infanzia e adolescenza.
Godetevi questo grande affabulatore e guardatevi intorno… tante opportunità ci aspettano!

Rifare da 0 una piattaforma legacy

Un’esperienza sul campo

Eccolo qui, l’ultima “creazione” del mese di Novembre.
E’ stato un periodo intensissimo sul fronte professionale e familiare ma nonostante questo sono stata particolarmente contenta di aver preso parte come speaker al Product Management Day.
Si tratta della prima conferenza italiana dedicata al Product Management organizzata da 20tab e che si è tenuta online venerdì 26 Novembre.

E’ stata una giornata intera di talk partita la mattina con l’intervento di Kate Leto su quali aspetti valutare quando si assume un Product Manager e conclusasi alle 18:30 dopo un panel dedicato al Product Growth e alla validazione.

In questa occasione ho parlato di un’esperienza sul campo di product management: rifare da 0 una piattaforma legacy. Qui sotto trovate le mie slide e una sintesi dei punti salienti del talk.

“Rifare da 0 una piattaforma legacy” – Le slide del mio intervento al Product Management Day

Quando parlo di design di prodotto io distinguo sempre due situazioni differenti:

  • quando si lavora su un prodotto completamente nuovo che non esiste sul mercato
  • quando si mette mano a un prodotto esistente che deve essere rifatto. 

Faccio questa distinzione perché nel primo caso il punto centrale è validare innanzitutto l’idea di business mentre nel secondo il prodotto o servizio esiste già ma deve essere ottimizzato. Qui solitamente non c’è un’idea di business da validare perché abbiamo già dei ricavi; il focus non è capire se il prodotto è realmente appetibile quanto valutare se la soluzione di prodotto che è stata scelta è ancora valida.

Le sfide del Legacy

Proviamo a guardare più da vicino quali sono i problemi che pone una piattaforma Legacy.
Ci troviamo spesso di fronte a prodotti o piattaforme che si basano su una tecnologia datata, che non è più stata manutenuta o aggiornata, per cui magari è sempre più difficile trovare persone che siano in grado di metterci mano.
Un altro tema ricorrente in queste situazioni è che il know-how tecnico di questi prodotti non è documentato, è una conoscenza che risiede nella testa di alcuni sviluppatori, non strutturata, non replicabile e non scalabile

Il problema non è solo tecnologico o “dietro le quinte”, tipicamente diventa un problema nel momento in cui ha una ricaduta visibile sul business: non si è più in grado di cogliere alcune opportunità di mercato.
Inoltre si vedono gli effetti nell’adozione di vecchi pattern UX o nell’approccio “feature factory” che ha reso nel tempo il prodotto non più fruibile.
Nonostante tutti questi problemi la piattaforma produce ricavi (a volte tanti!) e il business non è disposto a mettere a rischio queste revenue.
E’ la tipica situazione in cui si vuole la botte piena e la moglie ubriaca…

Il progetto di cui ho parlato è il rifacimento di una piattaforma di servizio B2B attraverso la quale si fanno assessment di tipo clinico, di tipo organizzativo o educativo.
E’ utilizzata prevalentemente da psicologi e non è accessibile a tutti perché l’utilizzo dei prodotti è consentito a persone con determinate qualifiche professionali.
La piattaforma è multilingue, presente in 16 paesi di cui il principale è l’Italia e vengono somministrati poco meno di 200.000 test l’anno attraverso di essa.

Gli obiettivi dell’azienda erano – in ordine di priorità – abbattere il rischio di business, passare a tecnologie più moderne, flessibili e scalabili e migliorare l’esperienza utente rendendo il prodotto più fruibile.

I principi del redesign

Quali sono i principi che abbiamo seguito in questo rifacimento?
Ci siamo ispirati al framework del design thinking.
Alla base di questa metodologia c’è l’idea che un prodotto o un servizio per essere innovativo ha sempre tre caratteristiche che convivono: è appetibile per l’utente finale (produce un vero valore), è tecnicamente fattibile ed è “viable” da un punto di vista business, ovvero scalabile.

Sempre in riferimento al design thinking esistono 5 fasi principali nella parte di progettazione del prodotto di cui la prima è l’empatia seguita dalla definizione, la progettazione, la creazione di prototipi e alla fine la validazione tramite test.

Nel corso del mio intervento ho mostrato cosa è stato fatto nelle prime quattro fasi poi quando è partito lo sviluppo vero e proprio è stato adottato l’approccio Lean Start-Up con un ciclo iterativo di sviluppo, raccolta dati, misurazione, acquisizione degli insight e ulteriore ottimizzazione.

Gli strumenti del redesign

Partiamo dallo strumento per eccellenza del Product Management e non solo: le domande.
Sono le domande che vi potete e dovete porre rispetto al prodotto o al servizio: chi è l’utilizzatore della piattaforma? E’ chiaro e definito? Qual è il valore che la piattaforma produce per questi attori? È davvero un prodotto appetibile?
E’ sempre bene ricordarsi che non creiamo prodotti in astratto; ciò che facciamo entra in un sistema, deve fare scopa con la più ampia strategia di business.
Nella mia esperienza le risposte a queste domande non sono così scontate come appaiono… 

In questa iniziativa siamo partiti da un assessment del prodotto.
Abbiamo preso in mano la piattaforma esistente e analizzato lo stato dell’arte. L’abbiamo indagata utilizzando vari tipi di strumenti, come ad esempio gli analytics, le interviste, il product canvas poi abbiamo spostato il focus sulle personas per meglio comprendere la voce del cliente.

Abbiamo fatto un gran lavoro sugli utilizzatori principali: gli psicologi. Siamo andati a esplorare in dettaglio la main persona; sapevamo qual era l’ambito di lavoro ma volevamo indagare meglio bisogni, convinzioni, valori, comportamenti e attività da compiere

In questa fase si esercita l’empatia ovvero stiamo cercando di metterci dal punto di vista degli utilizzatori e guardare il mondo con i loro occhi per capire quali sono gli aspetti a cui sono più attenti e i principali problemi da risolvere.

Il lavoro su chi è l’attore principale è alla base di qualsiasi attività di Product Management, richiede tempo e anche un discreto livello di approfondimento ma questa comprensione fa la differenza nel momento in cui si va a ridefinire il prodotto e a dargli nuova vita.

La progressiva definizione del prodotto

Siamo arrivati attraverso step successivi e incrementali a definire quale sarebbe stata l’experience della nuova piattaforma, un lavoro che si fa tornando ciclicamente sugli stessi aspetti prima abbozzati a un livello molto alto e poi mano a mano entrando sempre più in dettaglio. 

Siamo partiti dopo le analisi e la definizione delle personas riformulando il prodotto a partire da un concept, una presentazione di alto livello che racconta quali sono le principali novità della piattaforma per dare un quadro complessivo della proposta.

Poi si entra un po’ più in dettaglio in quella che è l’esperienza utente: abbiamo ridefinito la customer journey indicando le azioni principali dell’utente da una parte e dall’altra i touchpoint, le criticità, i bisogni nei vari step e i gap che si potevano andare a colmare. 

A partire dalla customer Journey è possibile cominciare a disegnare il flusso di interazione descrivendo come si sposta l’utente tra le varie schermate della piattaforma o tra le varie pagine se fosse un sito web. Questo è un livello di dettaglio che da già informazioni preziose al team di sviluppo, in particolar modo sugli aspetti di back-end. 

Il passo successivo è stato la creazione di un wireframe, una struttura nuda di che cosa è presente nelle varie schermate della piattaforma, quali sono i pesi relativi degli elementi all’interno di una schermata, quali sono le azioni principali e secondarie e le informazioni a disposizione dell’utente.

Infine da questo artefatto siamo passati ai template visuali e – nel nostro caso – alla creazione di un vero e proprio design system perché questo ci ha consentito di procedere molto speditamente anche nel momento in cui la piattaforma dopo il rilascio iniziale ha cominciato ad evolvere.